Le conseguenze della crisi sanitaria stanno travolgendo tutti i settori dell’economia, e sono destinate a modificare anche il nostro rapporto con il cibo
Food Safety e Food Security sono concetti di cui sentiremo parlare molto in futuro, specialmente in questo momento di emergenza sanitaria in cui pulizia e igiene sono diventate fondamentali per la salute pubblica. Negli ultimi mesi diversi focolai di Covid 19 si sono sviluppati all’interno di grandi siti produttivi di carne, specialmente in Germania e negli Stati Uniti dove importanti player di questo settore sono stati costretti a una brusca battuta d’arresto. Di questo abbiamo parlato con Roberta ed Emanuela Chiola, che guidano, insieme al padre Mario, il Gruppo Chiola, azienda cuneese che rappresenta una delle più importanti realtà della filiera suinicola italiana. Il Gruppo è nato nel 1975 come una piccola azienda agricola, che poteva contare su qualche centinaia di animali. Negli ultimi decenni è cresciuto fino a diventare uno dei marchi più importanti nell’ambito dell’allevamento dei suini e nella preparazione di Prosciutti di Parma DOP.
Come avete vissuto in azienda questa crisi sanitaria?
Roberta: La cosa che mi preoccupava di più inizialmente era che la logistica degli animali procedesse senza intoppi. L’allevamento dei nostri animali coinvolge 3 siti diversi a seconda dello stadio di crescita: nascono nel sito 1, raggiunti i 7-8 kg vengono spostati nel sito 2, dove restano fino a 25-30kg quando vengono spostati al sito 3. Il passaggio tra questi tre siti viene poi replicato su 17 filiere. Gestire la logistica di questa catena è un lavoro delicato, perdere un passaggio significa compromettere tutta la procedura. Per fortuna gli scenari peggiori non si sono trasformati in realtà: tutto ha continuato a funzionare in maniera impeccabile garantendo una produzione all’altezza dei nostri standard. Questo risultato è stato possibile grazie a un pizzico di fortuna, che non guasta mai, ma anche grazie alle relazioni e alla sinergia che ho costruito durante gli anni con collaboratori, clienti e partner.
Emanuela: Per me la preoccupazione più grande era rivolta nei confronti di dipendenti e collaboratori. Ho passato moltissimo tempo a occuparmi delle normative sulla sicurezza sul lavoro per costruire un ambiente sicuro in questo periodo di incertezza, attraverso tutti gli accorgimenti previsti dalla legge ma anche andando oltre le normative.
Ci sono delle precauzioni particolari che avete preso nei confronti del personale?
Emanuela: Certo, il primo ordine che abbiamo dato ai nostri tecnici è stato quello di uscire soltanto in caso di necessità. Quindi di annullare tutte le visite settimanali previste presso gli allevatori, e di recarsi sul posto soltanto in caso di urgenza. Per il personale amministrativo invece abbiamo organizzato un 50% di smart working in modo che il restante 50% delle persone potesse lavorare in ufficio con uno spazio sufficiente a garantire la sicurezza. Per fortuna i nostri spazi aziendali sono molto ampi, non è stato difficile riorganizzarci. Mascherine, guanti, gel disinfettanti, tutti i dispositivi previsti dalla legge ma anche gesti dettati dal buon senso.
C’è qualcosa che questa emergenza sanitaria ha cambiato nel vostro modo di lavorare?
Emanuela: Sicuramente le videocall sono uno degli aspetti che rimarranno in azienda anche in futuro. Mi sono presa l’impegno di sistemare e organizzare adeguatamente la sala riunioni per dedicarla anche agli incontri da remoto. Il contatto umano è importante e insostituibile, ma la modalità di videoconferenza, se ben fatta, può ridurre il numero di trasferte senza intaccare la qualità del lavoro, anzi ottimizzandone i tempi.
Roberta: Quando c’è necessità di confrontarsi su cose importanti il contatto umano è difficilmente sostituibile, ma le video chiamate possono accorciare le distanze sia con i partner che con i fornitori. Non doversi muovere significa anche avere la possibilità di sentirsi e confrontarsi più spesso in modo più efficace. Il secondo aspetto che mi porterò dietro da questa periodo di emergenza è più una conferma che un cambiamento: le difficoltà si superano costruendo una rete di collaborazione efficace su cui fare affidamento. Il tempo investito a creare dei rapporti non è mai tempo perso.
Quali sono le sfide che il vostro settore deve affrontare nel prossimo futuro?
Emanuela: La prima sfida è un’opportunità: far capire alla gente come funzionano veramente gli allevamenti e che non hanno un impatto ambientale così pesante come si tende a narrare negli ultimi anni. La qualità della carne italiana è eccellente: si tratta di una carne genuina, buona e controllata.
Roberta: In questi 15 anni la nostra azienda è cresciuta non solo quando si parla di fatturato, ha fatto un percorso interessante anche in termini organizzativi e qualitativi. Molte cose sono cambiate con il tempo grazie anche all’attenzione che prestiamo nei confronti del benessere animale. Questo è un punto molto importante che ci tengo a sottolineare: il benessere animale è strettamente legato in un circolo virtuoso al benessere del consumatore, ma anche a quello dell’azienda. Un animale sano significa un prodotto sano che non nuoce a chi lo acquista e lo consuma. Tutto questo si traduce anche in un ritorno economico per l’azienda: i costi di produzione aumentano quando bisogna utilizzare troppi farmaci, quando tanti animali muoiono durante la crescita, quando il lavoro non è di qualità e di conseguenza si va incontro a extra costi per rimediare. Dobbiamo essere bravi anche a comunicare all’esterno questo percorso di crescita fatto al nostro interno, raccontarlo alla gente, per far conoscere meglio il nostro settore che oggi non si merita più di essere al centro di tante critiche.
Il mondo degli allevamenti all’estero è balzato alla cronaca ai tempi del Covid per essere diventato il centro di alcuni focolai della malattia, prima nei Paesi Bassi poi in Germania. Queste vicende possono avere ripercussioni sul nostro mercato?
Roberta: Io mi auguro di sì, anche se fare previsioni in questo periodo è più complicato del solito. Se sul mercato c’è merce in meno per la chiusura dei macelli, c’è spazio per l’export di carni di qualità anche dal nostro Paese. Queste difficoltà potrebbero avere un risvolto positivo per il nostro mercato, anche nei rapporti commerciali con la Cina che si rifornisce di carne negli Stati Uniti dove di recente sono stati chiusi due macelli che coprivano il 20% della produzione. Potrebbe essere il momento giusto per rilanciare la carne italiana di qualità anche in quei Paesi abituati a rifornirsi altrove, dettando dei nuovi standard anche in termini di prodotto.
Quindi l’emergenza sanitaria potrebbe avere un risvolto positivo per il Made in Italy?
Roberta: Mi sembra già di percepire da qualche settimana un po’ più di affezione sul tema del Made in Italy da parte della gente. Quindi credo che nello scenario in cui stiamo vivendo per le aziende del settore alimentare si possano aprire una serie di importanti opportunità. Secondo me gli spazi ci saranno, l’autenticità sarà la chiave: bisogna essere bravi a cavalcare l’onda, bisogna essere bravi a raccontarsi, a raccogliere le opportunità.
Emanuela: Sarà necessario prestare ancora più attenzione ai dettagli, è vietato più che mai fare passi falsi.